Riflessioni sul concetto di inclusione nella società.
Inizio questo articolo ringraziando la rivista Lavoro Sociale di Erickson la quale, attraverso uno degli articoli inseriti nel n.2/2024, ha acceso una riflessione allargata e dato spunti per questo Editoriale.
Prendendo in prestito le parole di Fabio Folgheraiter, l'inclusione sociale rappresenta un obiettivo fondamentale per la costruzione di una società equa e partecipativa e, se si parla di inclusione come tale, essa non può considerare la presenza di alcuna forma di esclusione e discriminazione.
A tal proposito, risulta impossibile parlare di società inclusive come un qualcosa di già presente, ma questa deve invece rappresentare un obiettivo lungimirante in cui, volta per volta, si individuano le criticità presenti e verso le quali si cerca di porre rimedio e soluzione.
L'inclusione come processo
Quando si parla di inclusione è necessario sottoporre la nostra riflessione a grandi sforzi, affinché possa il nostro pensiero coinvolgere al suo interno sguardi e possibilità diverse, divergenti e, talvolta, molto distanti da quelle a cui possiamo essere soliti.
Per darne una definizione: con il termine inclusione ci si riferisce a una situazione in cui tutti gli individui e i gruppi all'interno di un sistema sociale godono degli standard essenziali di benessere. In un contesto inclusivo, ciascuna persona ha la possibilità di vivere secondo i propri valori e scelte, e di migliorare le proprie condizioni di vita. Le differenze tra persone e gruppi sono non solo accettate, ma anche valorizzate, contribuendo alla coesione e al progresso della società nel suo complesso.
A tal proposito, per creare le condizioni necessarie affinché una società possa ritenersi veramente inclusiva, è fondamentale garantire la dignità, l'autonomia individuale, la libertà di scelta e l'indipendenza di tutte le persone.
Divenire inclusivi è un processo. Rubando parole - questa volta - a Paulo Freire e declinandone il significato al presente contesto: "l'inclusione non è, l'inclusione è in divenire."
Quando si tratta il tema dell'inclusione, è inevitabile che vengano immediatamente coinvolti due concetti: la normalità e le minoranze comunitarie. Il primo si riferisce al concetto attraverso il quale la società è costruita: è prettamente una questione di numeri. La maggior parte delle persone che possiede delle caratteristiche più o meno uniformi, ha costruito la società - intesa come strutture, infrastrutture, credenze, servizi, valori, etica, cultura, e chi più ne ha, più ne metta - secondo le proprie necessità. La diretta conseguenza è quella della creazione delle cosiddette minoranze, ovvero tutte quelle persone che, per qualsivoglia motivo, non rientrano nella sopracitata maggioranza.
Le Barriere nella Società: Un Approccio Relazionale
Promuovere l'inclusione implica la necessità di chiarire i fondamenti teorici che ispirano il passaggio concettuale e lessicale dall'integrazione all'inclusione. Non si tratta semplicemente di includere chi è "fuori norma", ma di un'interazione tra sistemi – persone, gruppi, istituzioni, territori e contesti – che si definisce nel corso del tempo.
Le barriere nella società non sono solo fisiche o architettoniche, ma anche - o soprattutto - sociali, culturali e attitudinali. Il concetto di barriere include tutto ciò che limita la partecipazione piena e attiva di una persona nella società.
Per raggiungere questi obiettivi, è essenziale lavorare sull'accessibilità degli ambienti e sul contesto esterno, concentrandosi sull'eliminazione delle barriere fisiche e, soprattutto, mentali che ancora oggi possono generare esclusioni e discriminazioni.
Superare le barriere all'inclusione richiede un cambiamento culturale e tradizionale. È necessario promuovere la partecipazione delle persone nelle decisioni che riguardano la loro vita, attraverso un processo decisionale supportato piuttosto che sostitutivo. Questo approccio progressista valorizza le capacità delle persone di prendere decisioni con il sostegno necessario, piuttosto che delegare queste decisioni ad altri.
L'inclusione sociale è un processo complesso che richiede un impegno costante per abbattere le barriere e promuovere una partecipazione equa e attiva di tutte le persone. Attraverso un approccio relazionale e multidimensionale, possiamo costruire una società più inclusiva, dove ogni individuo ha la possibilità di esprimere il proprio potenziale e contribuire al benessere collettivo.
Le barriere sono prima di tutto mentali
Questo sottotitolo non mira a sollecitare la consapevolezza individuale per trovare la forza interiore necessaria ad affrontare le difficoltà. Al contrario, l'intento è di focalizzare l'attenzione sul fatto che, se i limiti e le barriere sono percepiti come aspetti culturali e ambientali, le principali difficoltà possono essere ricondotte a problemi di comprensione.
Ed è a questo punto che - ancora una volta - viene chiamata in causa l'empatia. L’empatia è l’abilità di “sentire il mondo personale dell’altro «come se» fosse nostro", ma questa possibilità si concretizza solo alla condizione che la persona sia in grado di decentrarsi da sé.
Esiste anche un atteggiamento che condivide un confine con l’empatia, ovvero la compassione, e questa si genera attraverso la percezione che l’altro si trovi in una condizione che, ai nostri occhi, appaia spiacevole e negativa.
Fino a quando la società nel suo complesso non si renderà conto delle necessità degli altri e degli interventi necessari per estinguere le disuguaglianze di possibilità, queste continueranno a persistere. Ma il pensiero che ne deriva è: l'empatia e la compassione possono essere sufficienti per abbattere le barriere?
È importante identificare quindi un confine tra quella che è l'empatia e la presunzione, poiché il grande rischio è quello dell'interpretazione semplicistica. In questo caso, l'empowerment e la promozione di partecipazione sociale possono essere forse una risorsa.
Promuovere l'empowerment e la partecipazione nei processi decisionali e di intervento è un approccio che tende a garantire una visione consapevole, attraverso processi di co-costruzione di significati e di relativi interventi, con (e non per) le persone interessate.
In che modo l'operatore sociale può contribuire allo sviluppo di una società più inclusiva?
L'operatore sociale, secondo il proprio codice etico e deontologico - qualora ne fosse richiesto - ha il dovere di rappresentare gli interessi delle persone con cui lavora, facendosi talvolta portavoce in ambito politico per una più equilibrata ripartizione delle risorse e sensibilizzando in termini di discriminazione. Secondo la teoria relazionale di rete, il principio di empowerment presuppone che l'operatore e i servizi ripartiscano il potere decisionale, fornendo equilibrio e rivalutando l'ottica in cui la persona, da utente, venga vista come agente.
Ma, forse in maniera un po' provocatoria, vorrei poter pensare che gli operatori sociali possano sollevarsi del peso specifico di questa responsabilità, poiché ritengo non appartenga esclusivamente a essi - intesi come categoria professionale - ma che debba invece essere una responsabilità condivisa di ogni singola persona, da ogni singolo cittadino.
È una responsabilità collettiva che richiede l'impegno della comunità. Creare una società più equa e inclusiva significa adottare pratiche concrete che promuovano la partecipazione attiva di tutte le persone nei processi decisionali che le riguardano. Ciò può essere realizzato attraverso politiche che favoriscano il coinvolgimento diretto delle persone nei tavoli di lavoro, nella pianificazione di interventi socioeconomici e nelle decisioni politiche.
Ipotizzare una società inclusiva, significa quindi che, indipendentemente dal fatto che un individuo appartenga ad una o a un'altra categoria, possa avere le condizioni per poter affrontare la propria vita e i propri bisogni senza la presenza di limiti imposti dal contesto.
E per rendere questo possibile, risulta necessario garantire la partecipazione di tutte le persone nei processi di sviluppo e di apprendimento nella vita comunitaria, non perché appartengano a una "speciale" categoria, ma in quanto individui con diritti e potenzialità.
Note correlate
Un affondo sulle statistiche inerenti ai dati e alle modalità di occupazione delle persone con disabilità in Italia e in Europa:
- L'inserimento lavorativo delle persone con disabilità: alcune evidenze dall’Osservatorio 2022. Osservatorio Persone con disabilità e il lavoro: https://www.istat.it/it/files//2023/09/MILeS2023-21-Rappelli-Maiorino-Giubileo-Vergani-Borodi.pdf
- Disability statistics - poverty and income inequalities: https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Disability_statistics_-_poverty_and_income_inequalities
Un approfondimento statistico sulla popolazione straniera in Italia e OCSE nel mercato del lavoro:
- ISTAT Noi Italia: Stranieri nel Mercato del Lavoro e nella Società: https://noi-italia.istat.it/pagina.php?L=0&categoria=4&dove=ITA
- XIII RAPPORTO ANNUALEGli stranieri nel mercato del lavoro in Italia: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita-immigrazione/focus/xiii-rapporto-mdl-stranieri-2023
Marco Vanzini per #ImpegnoSociale
Riferimenti:
- Brandani, W., & Tramma, S. (2014). Dizionario del lavoro educativo. Carocci.
- Fazzi, L. (2015). Servizio sociale riflessivo. Metodi e tecniche per gli assistenti sociali.Franco Angeli
- Folgheraiter, F. (2016). Scritti Scelti. Erickson
- Folgheraiter, F. (2021). Parole Sociali. Erickson
- Fontana-Lana B. et al., (2022). Formare la persona con una disabilità intellettiva all’autodeterminazione e alla partecipazione civica. Edizioni Fondazione Ares
- Freire, P. (2014). Pedagogia dell’autonomia. Saperi necessari per la pratica educativa. Gruppo Abele.
- Medeghini, R. (2008). Editoriale Primo Numero di Milieu – Appunti per un’idea di inclusione. Milieu.it.
- Segreto, P. (2024). Disabilità, Diritti e rappresentazioni. Lavoro Sociale. 2/24, p.5-8, Erickson
- Strategia di Lisbona 2000 e United Nations Department of Economic and Social Affairs (UNDESA), (2009). Creating an Inclusive Society: Practical Strategies to Promote Social Integration.
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