Il termine “Hikikomori” (letteralmente: “stare in disparte”) è stato coniato dallo psichiatra Tamaki Saitō per descrivere adolescenti e giovani adulti tra i 14 e i 25 anni che, per periodi prolungati, scelgono di non uscire di casa, isolandosi completamente dal mondo esterno, dagli amici e dai familiari. In alcuni casi questa condizione può protrarsi per mesi; in altri, addirittura per anni. Le cause e le ragioni di tale fenomeno appaiono eterogenee e sono strettamente legate sia alle problematiche individuali, sia alle richieste sociali e alle norme culturali e della società.

Il 28 gennaio sono stati diffusi i risultati della ricerca coordinata dal gruppo MUSA, i quali mostrano che, in Italia, il numero di adolescenti in ritiro sociale sia raddoppiato, sfiorando il 10%.
Il ritiro sociale volontario che caratterizza gli hikikomori sta suscitando crescente preoccupazione nelle società urbanizzate e tecnologicamente avanzate. Addirittura, negli Stati Uniti c’è chi ipotizza di parlare di “epidemia”, paragonando la diffusione di tale fenomeno a quella di problemi ben noti come l’AIDS, la povertà o l’abuso di oppiacei.
Centro Nazionale di Ricerca:
Rischio "hikikomori" tra gli adolescenti italiani: individuati i fattori determinanti
[Tempo di lettura: 3 minuti]
Di solitudine si muore
È un titolo forte, ma è così. Tutte le ricerche condotte fino ad oggi, seppur con metodi e risultati che evidenziano prospettive diverse, tutte sono concordi sul pervasivo potere mortifero dell'isolamento.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità considera oggi la solitudine un serio rischio per la salute sia a livello individuale che collettivo. Gli studiosi ritengono che il suo impatto sulla mortalità sia paragonabile a quello derivante dal consumo quotidiano di 15 sigarette e addirittura più dannoso rispetto alle conseguenze dell'obesità e della sedentarietà.
Gli studi più recenti confermano che il ritiro sociale volontario è il risultato di una combinazione di fattori:
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Iperconnessione digitale: un uso eccessivo delle piattaforme sociali che contribuisce all'autoisolamento;
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Scarsa qualità delle relazioni familiari, in particolare con la madre;
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Bassa fiducia relazionale verso familiari e insegnanti e figure significative;
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Esperienze di bullismo e cyberbullismo;
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Scarsa partecipazione ad attività sportive extrascolastiche;
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Insoddisfazione per la propria immagine corporea.
Le radici di una protesta silenziosa
Diverse evidenze suggeriscono che i giovani hikikomori scelgano più o meno volontariamente di allontanarsi dai canoni motivazionali tipici della società. Questa sorta di “paralisi adattativa” potrebbe essere letta non tanto come una psicopatologia, quanto come il risultato dei rapidi mutamenti del mercato del lavoro e dell’integrazione incompleta tra i valori tradizionali e quelli più moderni.
Umberto Galimberti, noto pensatore e psicanalista, traccia con estrema precisione il perimetro del problema: "i ragazzi non stanno bene, ma non capiscono il perché". Il ritiro sociale degli adolescenti è quindi, con molta probabilità, la risposta speculare a un contesto - in questo caso, quindi, una società e un ambiente domestico - chiuso e soffocante, dove i giovani sono cresciuti senza autonomia né veri stimoli.
Karl Marx aveva già individuato nell'alienazione dell’individuo una conseguenza della parcellizzazione del lavoro e, di riflesso, della società. Oggi, però, la solitudine non è più considerata esclusivamente una questione individuale ed esistenziale, ma viene osservata sempre più come una problematica clinica di massa.
Bisogna porre quindi una differenziazione: sebbene il ritiro sociale non preveda la presenza di disturbi di natura psicotica, il ritiro sociale prolungato diventa un fattore di rischio per l'insorgenza di questi.
La ricerca sul tema distingue due tipologie di hikikomori:
- Hikikomori primario: non è associato ad alcun disturbo psichiatrico. Si ritiene che sia il risultato di un insieme di fattori psicologici e sociali, legati in particolare all’età adolescenziale e ai rapidi cambiamenti familiari e sociali.
- Hikikomori secondario: è correlato a disturbi psichiatrici riconosciuti, consentendo così di utilizzare diagnosi formali per individuare trattamenti appropriati.
Uno sguardo al futuro
Riprendendo ancora una volta i pensieri di Galimberti, "ai giovani manca lo scopo", trasformando quindi il futuro da ambizione a minaccia.
Riconoscere le cause profonde di questo disagio e agire su più fronti (famiglia, scuola, politiche sociali, mercato del lavoro) è essenziale per creare condizioni affinché il fenomeno non si diffonda ulteriormente, con costi umani e sociali difficilmente sostenibili.
Il futuro è una responsabilità condivisa.
Una proposta è quella della sospensione delle aspettative. Una postura lecita, quindi, nei confronti dei giovani è l’astensione: astenersi dai ‘consigli’ sulla professione futura, sulla scuola da frequentare dopo le medie o dopo le superiori, sul tipo di amici con cui passare del tempo.
Le aspettative creano standard, e gli standard creano giudizi.
Marco Vanzini per #ImpegnoSociale
Riferimenti:
- Consiglio Nazionale delle Ricerche. (2025, gennaio 31). Rischio hikikomori tra gli adolescenti italiani: individuati i fattori determinanti. CNR. https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/13251/rischio-hikikomori-tra-gli-adolescenti-italiani-individuati-i-fattori-determinanti
- Cusimano, D. (2024). Hikkikomori: ritiro sociale o solitudine interiore. Rivista Scientifica di Psicologia e Scienze Sociali, 2(2), 5–15. https://doi.org/10.60987/RSPSS.2975-0512.V2.02.02
- Ferraresi, M. (2020). Solitudine. Einaudi
- Holt-Lunstad, J., Smith, T. B., Baker, M., Harris, T., & Stephenson, D. (2015). Loneliness and social isolation as risk factors for mortality: A meta-analytic review. Perspectives on Psychological Science, 10(2), 227–237. https://doi.org/[DOI]
- Pigozzi, L. (2023). Il nero della solitudine. Hikikomori e ritiro sociale. Scuola Ticinese, (346), 23–28. Recuperato da https://m4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/Rivista_scuola_ticinese/ST_n.346/Pigozzi_Laura_il_nero_della_solitudine.pdf
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